Mi trovo a scrivere questo articolo sulla nuova revisione del CAD dopo aver letto quelli più tempestivi e autorevoli di Lisi, Guercio, Finocchiaro, Foglia (spero di non averne perso qualcuno…). Voglio quindi scrivere a proposito del nuovo CAD con una chiave di lettura diversa, quella della semplificazione.
Già dal 1990 si sono susseguiti interventi legislativi orientati alla semplificazione della burocrazia della pubblica amministrazione. Non ultima una serie di decreti che portano la parola semplificazione almeno nel titolo. Uno dei motivi sotteso alle difficoltà nella digitalizzazione dell’azione amministrativa della pubblica amministrazione è la stratificazione di norme non sempre chiare e omogenee, che permettono al burocrate di praticare l’arte dell’”azzecca garbugli” di manzoniana memoria e di rendere complicato e difficile ciò che si vorrebbe digitale e semplice. Più i codici, le leggi e le linee guida non sono chiare e necessitano di interpretazione e decriptazione, più il burocrate avrà vita facile nella resistenza alla digitalizzazione.
Si deve dar atto al nuovo CAD di contenere diverse semplificazioni. L’attribuzione di specifiche responsabilità ad AgID nella emanazione delle regole tecniche e linee guida, vuole essere una semplificazione dei tempi necessari per tale processo. Auspichiamo, come già evidenziato da Mariella Guercio, il rispetto dell’iter di consultazione e intervento pubblico nella redazione delle stesse.
Vediamo invece le perplessità.
L’introduzione di una ulteriore modalità di firma legata alla identificazione dell’utente per mezzo delle credenziali SPID (o altro servizio equivalente), non è un esempio di semplificazione. Probabilmente, in maniera simile a quanto già avviene con l’art. 61 del DPCM 22 febbraio 2013, sarebbe stato più corretto far rientrare tale forma di sottoscrizione nella più “europea” firma elettronica avanzata, ponendo anche le basi per uno snellimento di tali processi. Il fatto che un documento firmato nelle nuove modalità abbia un valore probatorio, liberamente valutabile in sede di giudizio, lo pone comunque ad un livello inferiore di un documento con firma digitale. L’effetto possibile sarà che il burocrate continuerà a sostenere la necessità di un documento con firma digitale magari inviato dopo essersi collegati al sito con le credenziali SPID, o meglio autografo sulla vecchia amata carta. Oltre alla confusione già presente sui media se la nuova firma sia una elettronica o avanzata.
Anche l’introduzione di un sistema nazionale di indicizzazione e ricerca documentale desta qualche perplessità. Da informatico ne intravvedo la possibilità grazie a open data, big data, machine learning di analisi semantica; da professionista della digitalizzazione ho dei dubbi.
Da un nostro studio interno dell’anno scorso si evince che gli utenti amministrativi, che quotidianamente usano il sistema di gestione documentale, utilizzano quasi sempre una ricerca dei documenti guidata dai fascicoli dei procedimenti, ovvero per voci di titolario (classificatore), combinate con altre condizioni di ricerca che permettono di trovare il documento collocato nel fascicolo o comunque collocato nel suo contesto procedimentale. Le ricerche per testo libero indicizzato sono scarsamente usate perché conducono a risultati troppo generalisti o comunque ad un insieme di documenti fuori contesto funzionale e di procedimento. Senza prestare attenzione agli aspetti archivistici e senza una ontologia di riferimento le ricerche (in un mare) di documenti saranno sempre deludenti.
Ci si chiede poi come questo sistema si ponga rispetto alle norme attuali e di prossima scadenza in ambito privacy. Pensando ad una soluzione per la indicizzazione e ricerca nazionale dei documenti. il quesito riguarda al come possa essere disegnata e realizzata in modo di risultare “privacy by default” ed “privacy by design”. Mi chiedo come i temi privacy, ma anche di competenza sui contenuti documentali, siano tutelati. Il nuovo sistema sarà forse la base per un sostituto delle norme sull'accesso civico agli atti della pubblica amministrazione? Se mi serve una informazione protocollata su una gara in corso la cerco nel sistema di indicizzazione e ricerca documentale nazionale? Non credo, ci sono concetti di competenza e riservatezza delle informazioni dei procedimenti in corso, e c’è un concetto di fascicolo chiuso a indicare un procedimento amministrativo completato. Del resto già ora per gli atti della pubblica amministrazione esiste un distinguo tra le versioni integrali portate in conservazione e le copie per la pubblicazione all’albo pretorio online.
Se ci mettiamo da subito a fare i distinguo su cosa è da indicizzare (non uso “pubblicare” per non ricordare la trasparenza e non uso “versare” per non ricordare la conservazione digitale) e cosa no, nel nuovo sistema di indicizzazione e ricerca, allora il burocrate avrà vita facile e la soluzione avrà un avvio difficile.
La seconda riflessione deriva dal confronto con il piano triennale di recente emanazione, in cui appariva delineato il ruolo dei poli regionali e che ha già portato all'avvio di iniziative regionali come nel caso della Emilia Romagna. Ma una pubblica amministrazione a quanti soggetti e sistemi dovrà inviare i propri documenti informatici (documenti e dati) procedimentali? Al conservatore accreditato, al polo regionale, al sistema nazionale di indicizzazione e ricerca, ad ANAC e al MEF. Percepisco un bisogno di semplificazione generale.
Già in un mio intervento FORUM PA avevo evidenziato come avrebbe senso rendere schematica, confrontabile, accessibile con mezzi informatici, indicizzabile (?) e semplice la pubblicazione dei documenti e dati della trasparenza. Una pubblicazione avente come fonte i documenti e dati nativi dei procedimenti della pubblica amministrazione e non costruita con obblighi di tabelle e documenti creati ad hoc. Una standardizzazione della trasparenza, nei formati e nelle modalità, che permetterebbe la creazione di una base dati nazionale omogenea confrontabile, aggregabile e sempre aggiornata. Al contempo una pubblica amministrazione efficiente, che pubblicando i dati nativi in trasparenza si troverebbe ad aver assolto agli obblighi di trasparenza, della anticorruzione, delle varie basi dati nazionali e regionali; abilitando dal basso la nascita di un sistema di indicizzazione e ricerca nazionale organico e di valore. Lasciando invece la gestione della conservazione digitale e degli archivi di deposito e storici ai conservatori accreditati, ai poli regionali e agli altri enti giuridici nazionali già previsti della normativa.
Semplificare per cortesia, senza aggiungere nuovi obblighi da assolvere, evitando gli alibi al burocrate, per una pubblica amministrazione efficiente, trasparente e interoperabile.
(Articolo pubblicato su "Cantieri per la PA digitale" il 20 Settembre 2017)
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